We Are Medil MAGAZINE – IL RUOLO DELLA CAPOGRUPPO MANDATARIA NEI RAGGRUPPAMENTI TEMPORANEI DI IMPRESA ALL’INDOMANI DELLA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UE DEL 28 APRILE 2022 (C-642/20)

  1. Premessa. La capogruppo mandataria e il cd. avvalimento interno alla luce del D. Lgs. n. 50/2016; 2. Il caso: l’appalto indetto dalla SRR Messina: il ricorso al TAR e l’appello alla CGARS; 3. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE; 4. Il principio di diritto della sentenza del Giudice europeo; 5. Conclusioni
  1. Premessa. La capogruppo mandataria e il cd. avvalimento interno alla luce del D. Lgs. n. 50/2016

La sentenza resa dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea in data 28 aprile 2022 è destinata ad avere un notevole impatto sull’assetto normativo italiano in tema di raggruppamenti temporanei di impresa in relazione, soprattutto, alla regola del necessario possesso dei requisiti in misura maggioritaria in capo alla capogruppo mandataria. Il Giudice europeo nel proprio percorso ermeneutico è stato chiamato a valutare la compatibilità con i principi comunitari posti a garanzia della libera concorrenza dell’art. 83, co. 8, del D. Lgs. n. 50/2016 da leggere in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 89 del Codice dei contratti pubblici.

Trattasi di disposizioni che rivestono assoluta rilevanza nella ricostruzione normativa dell’istituto del RTI ed, in particolare, del ruolo della capogruppo mandataria nonché dell’avvalimento cd. interno o infragruppo. Il RTI costituisce una delle principali forme di aggregazione degli operatori economici per la partecipazione congiunta alle procedure ad evidenza pubblica ed assolve, sotto tale profilo, ad una funzione antimonopolistica; d’altro canto l’avvalimento, la cui genesi è rinvenibile dalla forte influenza europea (cfr. art. 63 della direttiva 2014/24/UE) sulla normativa domestica, assolve alla medesima funzione di incentivare la concorrenza delle imprese.

Il caso sottoposto alla Corte di Giustizia ha riguardato proprio la presunta violazione rispetto ai principi comunitari della regola prevista dal legislatore italiano alla luce della quale nell’ambito di un RTI anche in caso di ricorso all’avvalimento da parte della capogruppo mandataria quest’ultima debba “in ogni caso possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”, così come dettato dal co. 8 del citato articolo 83. Seguirà, pertanto, una breve ricostruzione in punta di fatto della vicenda che ha dato impulso alla sentenza e un breve esame del quadro giuridico italiano e comunitario di riferimento.

2. Il caso: l’appalto indetto dalla SRR Messina: il ricorso al TAR e l’appello alla CGARS

La quaestio traeva origine dall’appello della sentenza del TAR Catania n. 3150/2019 con cui era stato accolto il ricorso proposto da un operatore economico secondo graduato in una procedura d’appalto pubblico per l’affidamento di servizi (spazzamento, raccolta e trasporto allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati) indetta da un’amministrazione regionale siciliana.

Il motivo principale dell’atto introduttivo era costituito dall’illegittimità dell’aggiudicazione disposta dalla Stazione Appaltante di uno dei lotti in favore di un RTI la cui capogruppo si era avvalsa dei requisiti degli altri componenti della compagine, facendo ricorso all’avvalimento infragruppo, nonostante fosse sprovvista di due requisiti prescritti dalla lex specialis di gara, in piena violazione della regola di cui sopra.

Il Tar Catania, infatti, aveva accolto le doglianze formulate dal ricorrente. Pur confermando la percorribilità dell’avvalimento infragruppo, il Giudice amministrativo aveva ribadito l’inviolabilità del principio previsto dall’art. 89, co. 8, del Codice, riconoscendo alla stessa natura imperativa e pertanto inderogabile, in perfetta coerenza con quanto statuito con la sentenza n. 4206/2020 allorquando il Consiglio di Stato ebbe a chiarire come la regola della necessità che la capogruppo dovesse detenere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria rinvenisse la propria ratio nell’assicurare che quest’ultima “per il ruolo che detiene all’interno del raggruppamento e la posizione di responsabilità che riveste nei confronti della stazione appaltante, assume una funzione di garanzia della corretta esecuzione dell’appalto, quale il legislatore ha ritenuto che possa riposare solo sul suo concorso principale alla dimostrazione dei requisiti di partecipazione ed all’esecuzione della prestazione richiesta dalla Stazione appaltante”.

3. Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE

Le medesime considerazioni erano state enucleate dal Giudice di secondo grado della Regione Sicilia nella propria ordinanza n. 1106 del 24.11.2020 con cui era stata rimessa la questione alla Corte di Giustizia. Ed infatti il Giudice italiano nell’operare il rinvio pregiudiziale offriva una rigida interpretazione degli articoli 89 e 83 del D. Lgs. n. 50/2016, escludendo che tale regola potesse porsi in contrasto con i principi generali in tema di avvalimento in quanto la facoltà riconosciuta alla capogruppo mandataria di avvalersi di requisiti delle proprie mandanti non potesse ad ogni modo spingersi oltre il limite indicato dalla norma. Pertanto, sottoponeva al Giudice europeo la seguente questione: “Se l’art. 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di criteri di selezione e soccorso istruttorio di cui all’inciso contenuto nel penultimo periodo del comma 8 dell’art. 83, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nel senso che in caso di ricorso all’istituto dell’avvalimento (di cui all’art. 89 dello stesso Codice dei contratti), in ogni caso la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria”.

4. Il principio di diritto della sentenza del Giudice europeo

La Corte europea nell’esaminare la questione sottoposta ha dapprima rammentato quanto previsto dall’art. 63 della citata direttiva, che, al paragrafo 1, prevede come un operatore economico possa “per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria nonché i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali”, e che, “alle stesse condizioni, “un raggruppamento di operatori economici può fare affidamento sulle capacità di partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”. Al successivo paragrafo 2, la citata disposizione stabilisce che per taluni tipi di appalto (tra cui gli appalti di servizi, ndr), “le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici (…), da un partecipante al raggruppamento”. Nel vagliare la compatibilità al diritto comunitario dell’art. 83, co. 8, il Giudice europeo ha osservato come quest’ultima, quale norma che “obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva”, precisando, poi, che la facoltà riconosciuta alle Stazioni Appaltanti al paragrafo 2 di esigere che taluni compiti essenziali vengano svolti da un partecipante al raggruppamento debba essere letta alla luce dei considerando 1 e 2 della medesima direttiva nel senso di “limitare ciò che può essere imposto a un singolo operatore di un raggruppamento, seguendo un approccio qualitativo e non meramente quantitativo, al fine di incoraggiare la partecipazione di raggruppamenti come le associazioni temporanee di piccole e medie imprese alle gare di appalto pubbliche”. Ed invece, “un requisito come quello enunciato all’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che si estende alle «prestazioni in misura maggioritaria», contravviene a siffatto approccio, eccede i termini mirati impiegati all’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e pregiudica così la finalità, perseguita dalla normativa dell’Unione in materia, di aprire gli appalti pubblici alla concorrenza più ampia possibile e di facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese”.

Definitivamente pronunciandosi sul rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia europea ha pertanto affermato che “L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”.

5. Conclusioni

La sentenza passata in rassegna conferma ancora una volta l’importanza della funzione nomofilattica che il diritto europeo riconosce alla Corte di Giustizia le cui sentenze nel corso degli anni hanno profondamente inciso sull’assetto normativo del Codice dei Contratti pubblici: basti pensare alla portata rivoluzionaria assunta dagli arresti in materia di subappalto o in caso di modifica soggettiva del RTI in fase di gara in caso di perdita dei requisiti ex art. 80. Con la pronuncia del 22 aprile 2022, il Giudice europeo ha rivoluzionato la canonica impostazione dei Raggruppamenti temporanei di impresa che individuava nella capogruppo mandataria l’operatore economico che avrebbe dovuto necessariamente assumere la quota maggioritaria dei requisiti e delle prestazioni previsti dalla lex specialis. Non resta che attendere come il legislatore italiano intenderà dar seguito al principio espresso dalla Corte europea.

Avv. Mario Santucci

Torna in alto